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Grazia Deledda

Il cedro del Libano

“Il cedro del Libano” è una raccolta di trentuno racconti pubblicata postuma. La descrizione dei paesaggi, dei personaggi e della realtà, che sembra vivida, concreta e presente, tende a ritirarsi in qualcosa di più indefinito, sfocato, intimo. Ognuno di questi racconti, a suo modo, porta il peso dell'inquietudine e del turbamento di una condizione esistenziale dominata da un senso precario, effimero della vita, che non trova risposte, ma cerca conforto nell’intesa e nell’unione con la natura.

Grazie Deledda (1871 — 1936) è stata una scrittrice italiana che ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1926. Studiò da autodidatta esordendo come giornalista su riviste di moda. Scrisse romanzi e racconti dalla vena etica, incrociando influssi veristi e dannunziani, descrivendo la dura vita quotidiana dei compaesani sardi. Tra le sue opere non si possono non citare “Canne al vento”, “Elias Portolu” e “Marianna Sirca”.
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Ursprunglig publicering
2022
Utgivningsår
2022
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Citat

  • Talia Garzahar citerati fjol
    la promessa di una vita millenaria.

    Il nostro cedro ha adesso venticinque anni.
    Secondo i calcoli del vecchio giardiniere che lo ha piantato, se il primo fiore di una creatura umana varia dai quindici ai venti anni, l'albero, che darà il suo primo fiore al compiersi del suo secolo, adesso è, sempre in relazione all'uomo, ancora un bambino.
    E del bambino, nonostante il suo tronco dritto e potente come una colonna, e la robustezza dei rami che come la scala di Giacobbe pare raggiungano il cielo, ha tuttavia la freschezza, la bellezza intatta e pura, la gioia costante. Sempre vibrante della vita degli uccelli, ha, con essi, una voce in coro. Il fruscio dei suoi rami, e un mormorio che freme anche quando non c'è vento, annunziano la sua presenza, come il respiro di un essere vivente. La pioggia dei suoi aghi secchi, nella stagione propizia, è diversa dalla caduta delle altre foglie: non ha nulla di triste, e riveste la terra, intorno, con un'ombra violacea vellutata. E il suo lottare col vento, nelle giornate di tramontana, ha l'agilità e la sana letizia dei fanciulli che giocano con la neve o dei giovinetti sportivi che s'ubbriacano di moto sulle cime alpine.
    E se romba il libeccio, anche l'albero intona una sinfonia tragica; racconta le leggende della foresta, i terrori delle bufere, l'ira degli spiriti demoniaci scatenati contro le deboli forze umane e naturali: ma in fondo al suo brontolio c'è sempre, come nella voce dei potenti, la promessa, la certezza della vittoria finale. Si placheranno gli elementi, tornerà la luce, tornerà la primavera.
  • Talia Garzahar citerati fjol
    la promessa di una vita millenaria
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